Social Europe: utopia o realtà?
Spesso l’Unione Europea viene criticata per portare avanti un tipo di politiche che, a parer di alcuni, deteriorano l’aspetto sociale in molti paesi. Ma è così?
Le politiche sociali, come molti sanno, non fanno parte delle competenze esclusive dell’Unione Europea. L’UE può legiferare in materia di commercio internazionale (area in cui è particolarmente attiva), politiche monetarie e nella definizione delle regole alla base della concorrenza (art.3 del TFEU[1]). Le politiche del lavoro, dell’educazione e della salute rimangono di competenza degli stati membri, che continuano a formularle facendo riferimento alla legislazione nazionale.
Dunque sono i governi nazionali a decidere quando si tratta di accordi collettivi, salario minimo, pensioni e indennità di disoccupazioni. Questo perchè esistono delle differenze sostanziali tra loro. In particolare, gli stati scandinavi vantano un ruolo essenziale dei partner sociali (sindacati, associazioni di datori di lavoro) nella formulazione delle politiche del lavoro. Infatti queste organizzazioni vengono consultate su base periodica e la loro opinione è fondamentale, sul piano degli stessi legislatori. In altri paesi, invece, il dialogo sociale è piuttosto debole e gli accordi collettivi non hanno la stessa influenza. Tra questi paesi figura sicuramente l’Italia, che con il suo mercato del lavoro poco flessibile si pone in una posizione diametralmente opposta rispetto a Svezia e Danimarca, gelosissime del loro efficiente welfare state.
Qual è il margine di manovra dell’Unione Europea in questo contesto? Bruxelles può legiferare in alcuni settori, restando in un ambito piuttosto ristretto. L’UE, fin dagli albori, si è sempre battuta in tutte le sue configurazioni per garantire un’adeguata dignità ai lavoratori di ogni sesso, razza e provenienza sociale. Già nel Trattato di Roma (1957) viene sancita la parità di retribuzione tra uomo e donna, un principio che ancora oggi non trova completa applicazione in alcuni degli stati membri e in alcuni settori. Con la creazione del mercato unico e il libero spostamento dei lavoratori, sono state introdotte nuove leggi create per facilitare il riconoscimento dei titoli di studio e per far valere i diritti pensionistici acquisiti nel paese di origine anche nel resto dell’UE. Inoltre, il Parlamento europeo è ora al lavoro per garantire a tutti i lavoratori europei degli elevati standard di sicurezza, ovunque si trovino. Negli ultimi anni, infatti, combattere l’esposizione a sostanze particolarmente nocive è diventata una priorità per chi detiene il potere decisionale in Europa.[2]
L’impegno dell’UE nell’ambito sociale è stato ulteriormente sancito dalla proclamazione del pilastro europeo dei diritti sociali da parte di Consiglio, Parlamento e Commissione nel 2017.
“Oggi ci impegniamo per realizzare 20 principi e diritti che spaziano dal diritto a un’equa retribuzione al diritto all’assistenza sanitaria; dall’apprendimento permanente e una migliore conciliazione tra vita professionale e vita privata alla parità di genere e il reddito minimo: con il pilastro europeo dei diritti sociali, l’UE si batte per i diritti dei cittadini in un mondo in rapido cambiamento.”
Dichiarazione del presidente Juncker in merito alla proclamazione del pilastro dei diritti sociali, 17 novembre 2017 [3]
I venti principi sono alla base di un’Europa più equa, dove i diritti sociali costituiscono la base dello stato. Le aree affrontate sono tre: uguali opportunità e accesso al mercato del lavoro; condizioni di lavoro eque; protezione sociale adeguata e sostenibile. Firmando il documento, gli stati si sono impegnati a rispettare e soprattutto a implementare i principi che vengono annunciati. Tuttavia, va ricordato che esso non ha alcuna valenza mandatoria: i governi non possono essere sanzionati formalmente in caso di mancata applicazione. Come evidenziato dagli esempi illustrati finora, l’UE ha un serio interesse nel portare avanti delle politiche sociali all’avanguardia per tutti i suoi cittadini. Tuttavia, è ancora compito degli stati membri far sì che questi principi vengano correttamente eseguiti. Le sfide da affrontare, complice l’avanzamento della digitalizzazione, sono molte. Insieme, l’UE può affrontarle nella maniera migliore, soddisfacendo le aspettative dei suoi cittadini.
Riferimenti
[1] https://eur-lex.europa.eu/eli/treaty/tfeu_2012/oj?locale=it