Seconda stella a destra e poi diritti fino al Polo Nord

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Facciamo un giro a bordo della nave rompighiaccio Polarstern per curiosare sul nuovo progetto di studio degli Artici con la missione MOSAiC.

Avete mai pensato di passare il prossimo anno all’interno di una nave rompighiaccio intrappolata ed in balia dei ghiacci in Antartide? No? Tranquilli, non è l’inizio di qualche film horror con uccisioni varie nello stile di Dieci piccoli indiani, celebre romanzo di Agatha Christie, e non si tratta nemmeno dell’idea di qualche folle incosciente e spericolato. Rappresenta invece la più grande e importante spedizione scientifica nei ghiacci dell’Artico. L’idea di fondo che ha portato alla realizzazione di questa missione è quella d’indagare le conseguenze dei cambiamenti climatici sul ghiaccio del Circolo Polare Artico.

La spedizione è partita lo scorso 20 settembre da Tromsø, in Norvegia, a bordo del rompighiaccio tedesco Polarstern, imbarcazione sulla quale il progetto MOSAiC (Multidisciplinary drifting Observatory for the Study of Arctic Climate) avrà luogo. A bordo si alterneranno per più un anno circa 600 scienziati provenienti da 19 paesi del mondo; esattamente non si sa quanto la missione durerà, molto dipende dalle correnti, ma si auspica che al giorno la nave sia in grado di percorrere almeno 7 chilometri.

L’idea per questa impresa, tentata nella storia una sola volta prima di oggi, viene dall’avventura eroica avvenuta nel 1893 a bordo di una nave di legno, la Fram (“avanti” in norvegese), comandata da Fridtjof Nansen e Frederik Johansen. La nave, così costruita, una volta imprigionata nei ghiacci doveva sfruttare la forza delle correnti per spostarsi ed analizzare come esse si muovessero nell’Artico. Era equipaggiata con una dispensa di viveri che sarebbe durata per 6 anni e carburante sufficiente per addirittura 8 anni. Le correnti non permisero però alla nave di muoversi velocemente come sperato da Nansen il quale decise, con il suo compagno di cordata, di continuare verso il Polo Nord, con delle slitte trainate da cani e kayak. Gli inverni rigidi e le condizioni estreme alle quali erano sottoposti, però, li obbligarono alla ritirata e dovettero rifugiarsi un inverno presso le Terre di Francesco Giuseppe (arcipelago di isole a nord della Russia), cibandosi di fauna selvatica. Furono fortunatamente salvati da una nave inglese che passava da quelle parti e fecero ritorno in Norvegia, quasi in contemporanea alla Fram, nel 1896. A Nansen, dedicatosi poi alla diplomazia internazionale, dobbiamo inoltre la creazione del famoso Passaporto Nansen [1], attribuito agli apolidi e rifugiati tra il 1922 e il 1938, sul cui concetto si baserà la definizione di profugo della Società delle Nazioni nel 1951.

L’impresa di Nansen e Johansen, dunque, è l’unico precedente alla missione MOSAiC. Nessuna spedizione è mai riuscita a studiare, con le tecnologie moderne, i ghiacci, per capire cambiamenti che subiscono in inverno a tali latitudini. Lo studio dei cambiamenti climatici dell’Artico è fondamentale per capire in maniera sempre più profonda e precisa come questi hanno effetto sul clima globale.

La missione è costata circa 140 milioni di euro e ci sono voluti anni di organizzazione, necessari non solo per la definizione delle rotte ma anche per la preparazione dell’equipaggio. Nelle normali spedizioni in queste terre estreme è la nave che guida, c’è una direzione da seguire, una meta definita; in questo caso invece l’imbarcazione si farà trasportare dal ghiaccio nel quale sarà imprigionata. Questo significa che è impossibile sapere esattamente dove si sarà in ogni momento, soprattutto dove si andrà. Chi ha studiato il possibile itinerario che la nave avrà, afferma che è probabile che verso febbraio la nave si trovi in una posizione che risulti non raggiungibile da altri rompighiaccio. Ogni rifornimento dovrà quindi essere compiuto solamente via aerea; si cercherà a tal proposito di costruire una pista d’atterraggio per eventuali mezzi, ma non è ancora sicuro che gli aerei saranno in grado di arrivare. Gli scienziati sono pronti anche per questa evenienza: la nave ha viveri per resistere fino a giugno, quando con il ghiaccio più sottile potrà essere nuovamente raggiunta dal rompighiaccio russo Akademik Fedorov che cercherà sempre, fino a quando possibile, di seguire i movimenti della nave.

Le condizioni così aspre e inospitali per la missione hanno obbligato ad ardui addestramenti l’equipaggio, sia quello “tecnico” (che si occupa di manovrare la nave), sia i ricercatori, che hanno dovuto esercitarsi a lungo per imparare a sopravvivere n questo ambiente. La nave dev’essere una città galleggiante, in grado di essere autonoma anche dal punto di vista sanitario non potendo raggiungere nessun presidio medico in altro modo, è perciò fornita anche di una sala operatoria per ogni necessità. Ma per i ricercatori il problema non sarà solamente la stanchezza o il freddo estremo. Molte ricerche dovranno essere compiute sui ghiacci, è necessario dunque che alcune persone sulla nave siano predisposte da vedetta in caso di avvistamento di orsi o altri predatori e siano in grado di avvertire in maniera efficace e tempestiva il personale a terra, chiedendo di ritornare il più celermente possibile sulla nave, al sicuro, nell’interesse sia dei ricercatori che degli orsi polari.

Il leader della missione, Dr. Markus Rex dell’Alfred Wegener Institute (Bremerhaven) e il Capitano della nave Stefan Schwarze, valutando gli esiti della missione, sperano ovviamente in un successo delle diverse ricerche che verranno compiute a bordo; ritengono che l’unico fallimento per la missione sia quello di finire prima dei 390 giorni stimati di navigazione e venire risucchiati da cosiddetto “Vortice di Beaufort [2]”.

Saranno vari gli esperimenti che verranno portati avanti dai diversi team di ricerca, per i quali sono stati predisposti numerosi container pieni di macchinari sofisticati e altrettanti studi dove poter analizzare i dati. Tra i tanti progetti si possono citare quelli indirizzati a capire il collegamento tra l’atmosfera e la superficie del ghiaccio: la temperatura esterna raggiunge i -45 gradi mentre la temperatura dell’acqua rimane stabilmente intorno ai -1/-2 gradi. Questa forte differenza di temperature crea come un riscaldamento a pavimento, è questa inoltre la causa delle famose spaccature nel ghiaccio. I ricercatori inoltre avranno la possibilità di studiare in pieno inverno la fauna sottomarina, in particolare i zooplancton[3]. Sembra facile per noi poter compiere questo tipo di ricerche: pensiamo sia sufficiente come vediamo nei film con gli eschimesi, costruire un semplice buco nel ghiaccio ed aspettare con una bella canna da pesca che qualcosa attacchi all’amo. Non ci rendiamo conto però delle condizioni realmente estreme di quei luoghi, dove anche la semplice costruzione di un buco può diventare complicata. Difatti, con temperature così rigide, un eventuale foro sulla superficie ghiacciata potrebbe richiudersi velocemente; gli scienziati hanno quindi dovuto sviluppare un meccanismo di riscaldamento in grado di tener aperto il buco per poter svolgere questo tipo di ricerche. Sulla nave è inoltre istallato anche un radar che permetterà di analizzare le nubi che passeranno sopra il cielo della Polarstern.

Questa nave sta creando oggi la basi di un’importante e, si spera, fruttifera indagine sui cambiamenti climatici e sulla composizione della fauna artica. Se siete interessati a seguire in tempo reale gli spostamenti della Polarstern è stata sviluppata un app che vi fornirà informazioni più dettagliate e permetterà di approfondire l’argomento (https://www.mosaic-expedition.org/).

Il viaggio è ancora lungo ma all’equipaggio va il mio augurio di aver sempre un buon vento in poppa. E come disse Walt Whitman nella sua celebre poesia O captain! My Captain!; dopo questi innumerevoli ostacoli il porto sarà lì pronto ad accogliervi e così anche il vostro ambito premio, la gratitudine di aver contribuito a dare speranza al nostro futuro.

O Captain! my Captain! our fearful trip is done;

The ship has weather’d every rack, the prize we sought is won;

The port is near, the bells I hear, the people all exulting,

While follow eyes the steady keel, the vessel grim and daring”

[1] Passaporto ideato nel 1922 che permise a centinaia di migliaia di persone apolidi l’emigrazione in un paese diverso da quello di origine e, nel giro di vent’anni, fu riconosciuto da 52 paesi.

[2] Il vortice di Beaufort è un’enorme circolazione di acqua dolce e fredda che si estende per 600 miglia nell’Oceano Artico.

[3] La parte del plancton che è costituita da organismi animali

https://www.focus.it/scienza/scienze/la-nave-polastern-e-la-missione-mosaic

https://www.mosaic-expedition.org/

https://www.ilpost.it/2019/09/20/missione-mosaic-polarsten-artico-polo-nord/

https://www.nytimes.com/2019/09/19/climate/mosaic-expedition-arctic.html?smtyp=cur&smid=tw-nytimes

https://www.awi.de/im-fokus/mosaic-expedition.html

http://www.blueplanetheart.it/2018/10/ghiaccio-marino-artico-sta-scomparire-motore-governa-beaufort-gyre/

https://it.wikipedia.org/wiki/Fridtjof_Nansen

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