COP25: l’ora del coraggio politico

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Il 2 dicembre ha avuto inizio a Madrid la UN Climate Change Conference, o COP25: di cosa si tratta e perché è un evento cruciale nel quadro della lotta al cambiamento climatico?

Con “COP25” si intende indicare l’annuale Conferenza delle Parti aderenti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC). Tale Convenzione risale al 1992 ed è conosciuta anche come l’Accordo di Rio, il primo trattato ambientale internazionale focalizzato sul riscaldamento globale.

Da allora ogni anno gli attori dello scenario internazionale si incontrano per discutere e definire le misure di contrasto al ​climate change​. L’apice di queste discussioni si è raggiunto nel 2015, durante la COP21, con il famoso Accordo di Parigi, che prevede l’impegno dei Paesi a limitare le emissioni di gas serra, vincolandosi a non superare il livello di innalzamento del riscaldamento globale di più di 2°C. Tuttavia già la COP24 dello scorso anno, tenutasi in Polonia (Katowice), ha sottolineato quanto poco sia stato fatto in questo senso: è infatti emersa palese la scarsa volontà politica da parte di diversi Paesi di implementare le misure necessarie a ridurre le emissioni di anidride carbonica, manifestata non solo evitando di riconoscere fondate conclusioni scientifiche, come quelle del Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), ma anche applicando prese di posizione sorde alla criticità della situazione: Jair Bolsonaro e le folli politiche di sfruttamento dell’Amazzonia (vuoi saperne di più? Leggi:​ https://italy.beta-europe.org/2018/12/10/dossier-il-brasile-di-bolsonaro-una-minaccia-all-ecos istema-amazzonico/​), Donald Trump e il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, la Cina e la sua costante ambiguità in merito alle azioni effettivamente intraprese per la riduzione delle emissioni, e la lista è purtroppo ancora lunga; solo Cina e Stati Uniti risultano rispettivamente al 1° e 2° posto al mondo in termini di emissioni di anidride carbonica (http://worldpopulationreview.com/countries/co2-emissions-by-country/​).

Sono quindi questi i presupposti con i quali si è arrivati alla COP25 di Madrid. Conferenza inizialmente organizzata e ospitata dal Cile, il quale però, a poco meno di un mese dalla data di inizio dell’evento, si è visto costretto a rinunciarvi a causa dei gravi disordini interni al Paese, che durano ormai da mesi. La Spagna ha quindi preso l’impegno di accogliere la COP così da non comprometterne lo svolgimento, considerata la centralità delle discussioni previste quest’anno e le altissime aspettative sugli esiti delle trattative.

Obiettivo della Conferenza è assicurarsi che quanto stabilito dalla COP21 venga effettivamente concretizzato; nello specifico l’evento si pone lo spinoso compito di trovare un’intesa quanto più condivisa sulle questioni lasciate in sospeso fin dalla stipula dell’Accordo di Parigi, tra queste, il controverso Articolo 6, il principio del ​loss and damage e l’attuazione di autentiche ed efficaci misure per la riduzione delle emissioni.

Ormai prossimi alla chiusura di questa COP25, che terminerà ufficialmente il 13 dicembre, vale quindi la pena analizzare quanto successo finora, i punti caldi affrontati e quali risultati sono arrivati, traendo anche le prime conclusioni.

Nel suo discorso inaugurale Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha spiegato chiaramente l’importanza dell’evento lanciando un accorato appello a tutte le 196 Nazioni presenti, chiedendo provocatoriamente se volessero essere ricordati come la generazione che ha nascosto la testa nella sabbia mentre il pianeta bruciava, o se saranno in grado di dimostrarsi all’altezza degli impegni presi e attuare quindi con urgenza iniziative serie ed efficaci per limitare il riscaldamento del pianeta.

Possiamo infatti dire che la provocazione di Guterres è più che fondata: nel 2018 è stato battuto il record storico di produzione di CO2, con 55,3 miliardi di tonnellate di emissioni e un aumento del 3,2% rispetto al 2017 e se fino a poco tempo fa 400 parti per milione erano viste come un punto di non ritorno, nel 2018 i livelli globali medi di CO2 hanno superato le 407 parti per milione.

Il premier spagnolo Sanchez fa quindi da eco al Segretario Generale sulla necessità di impegnarsi in un progresso che sia sostenibile fin da subito e aggiunge inoltre una forte chiamata all’azione dell’Unione Europea (“​Si fue Europa quien lideró la revolución industrial y el capitalismo fósil, ha de ser Europa quien lidere la descarbonización.”). ​Il suo appello non sembra sia suonato a vuoto: la neonata Commissione Europea, guidata da Ursula Von Der Leyen, sta infatti lavorando attivamente a un ​Green New Deal europeo, un “patto verde” che può e deve porsi come d’esempio per tutti i Paesi maggiori produttori di CO2.

Il ​Green New Deal for Europe è​ un’iniziativa tanto ambiziosa quanto pragmatica, che mira ad essere la nuova strategia europea di sviluppo economico, con l’obiettivo di rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Non si tratta semplicemente di un piano per tagliare le emissioni, ma di una strategia per farlo attraverso il raggiungimento di un’economia veramente circolare, capace allo stesso tempo di essere in equilibrio con l’ambiente. Questo prevede un investimento annuo del 5% del PIL per la costruzione di nuove infrastrutture, la riqualificazione di industrie e la creazione di nuovi lavori in un percorso di transizione tanto sostenibile quanto socialmente equo.

Il progetto è ambizioso, le aspettative alte, ma se l’Unione vuole realmente dare un segnale forte sul piano internazionale, una concreta realizzazione della proposta ​Green New Deal è un obiettivo che non può permettersi di mancare.

Tutto questo assume ancor più importanza alla luce di un momento storico come quello attuale, dove i Paesi grandi produttori di CO2 sono chiamati a rispondere e agire, soprattutto da parte dei Paesi più piccoli e, paradossalmente, più colpiti da disastri naturali, dalle crisi e dai conflitti legati al cambiamento climatico. L’altra grande questione aperta della COP25 è infatti quella relativa al principio del ​loss and damage​, un tema su cui da decenni si svolgono negoziati e che consiste nell’istituzione di un meccanismo per risarcire danni e perdite causati dal cambiamento climatico. Un tale fondo già esiste ed ha un valore di circa 10 miliardi di dollari. Istituito con gli Accordi di Varsavia del 2013 è noto come il Meccanismo di Varsavia (Warsaw International Mechanism - WIM), tuttavia il fondo rimane ad oggi ancora privo di una regolamentazione e di fatto, inattivo. La COP25 si era quindi posta l’obiettivo di stabilirne i meccanismi di erogazione. Al momento però i negoziati su questo punto rimangono in fase di stallo, e nonostante le pressioni dei Paesi più vulnerabili, si rimane ancora a un nulla di fatto, dove l’unico segnale è arrivato dal Parlamento Europeo, che nella risoluzione del 28 novembre (​2019/2712 RSP) invitava la Commissione e gli Stati Membri a prevedere un “climate finance for loss and damage” e a riconoscere la necessità di una risposta concreta alla questione del loss and damage, per il quale “additional resources should be raised through innovative sources of public finance under the Warsaw International Mechanism”.

La risoluzione non è vincolante, si tratta di una dichiarazione di intenti del Parlamento Europeo, che riflette quindi la posizione dell’istituzione in sé e non necessariamente dell’Unione Europea o, ancor meno, degli Stati Membri.

È ancora troppo poco soprattutto se si considera come nell’ultimo decennio milioni sono stati gli sfollati ambientali e il loro numero è tragicamente destinato ad aumentare nei prossimi anni.

Philip Alston, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà, evidenzia come i Paesi più ricchi, dotati di più strumenti per contrastare il riscaldamento globale, contribuiscano a creare un divario enorme con le zone del mondo invece i più povere e maggiormente esposte a disastri naturali, in quella che Alston descrive come una nuova polarizzazione del mondo, causata in questo caso dal riscaldamento globale, e a cui dà il nome di ​“apartheid climatico”​. Un’espressione certamente d’impatto e tagliente, ma che ben rende l’idea del futuro che si sta delineando davanti a noi e a cui questa Conferenza, per ora, non ha ancora saputo trovare una risposta efficace.

Eppure i finanziamenti per il fondo non sono certo impossibili da trovare, a patto che vi sia la volontà politica di trovare una soluzione.

L’International Peace Bureau (IPB) ha piu volte chiesto alle 196 Nazioni presenti a Madrid di prevedere tagli alle spese militari (alla sola Nato viene destinata una cifra annua di quasi mille miliardi), ma tali richieste sono andate a vuoto e non sono mai state seriamente prese in considerazione all’interno dei negoziati.

L’atmosfera ambiziosa che ha caratterizzato l’apertura della COP25 è stata quindi spazzata via lasciando il posto a quella che per ora viene definita come una Conferenza deludente e fallimentare, in un momento critico in cui il fallimento non è purtroppo un’opzione ed è invece richiesta a gran voce una risposta decisa e unita della comunità internazionale.

È infatti evidente che, se da un lato troviamo una società civile sempre più cosciente e attenta alla tematica del cambiamento climatico, dove gli individui agiscono attivamente e in prima persona (vedi ad esempio le iniziative ​Fridays for Future​), dall’altra parte non si rispecchia un’altrettanto forte volontà politica, che si dimostra invece il più delle volte incapace di prendersi la responsabilità politica di scelte, certo coraggiose, che possano traghettare verso una realtà ​green​, sostenibile ed equa a livello globale. La cecità politica si unisce quindi all’incapacità della stessa di trovare soluzioni condivise e concertate che possano sfociare in una governance mondiale multilaterale e responsabile.

La COP 25 doveva rappresentare un punto di prova per la politica, in vista della COP26, che si terrà nel 2020 a Glasgow, e dove si dovranno portare i risultati degli impegni presi a Parigi, oltre che fissare i nuovi obiettivi. Attendiamo la chiusura ufficiale per trarre le conclusioni finali, ma per ora possiamo senz’altro dire che i Governi mondiali, se non per pochi, isolati tentativi, non sono stati all’altezza dell’impegno richiesto.

Speriamo, tra pochi giorni, quando i negoziati saranno conclusi, di essere smentiti, e parlare invece di coraggio politico e azioni concrete e ambiziose, così come augurava il premier spagnolo Pedro Sánchez all’apertura della COP25:

“​Señoras y señores, la ambición siempre fue uno de los motores del espíritu humano. Tuvimos ambición para explorar los confines del espacio. Tuvimos ambición para desafiar los límites del conocimiento científico. Tengamos la misma ambición ahora para preservar el frágil equilibrio que permite la vida en el único hogar que tenemos: nuestro propio planeta. La Humanidad ha llegado a un punto en que apostar por su supervivencia equivale a luchar por un mundo mejor. Ese es nuestro desafío, para que las generaciones del mañana, al mirar atrás, puedan decir que, en esta hora crucial, la Humanidad estuvo a la altura..”

(“L’ambizione è sempre stata uno dei motori fondamentali dello spirito umano. È l’ambizione che ci ha spinto ad esplorare i confini dello spazio. È l’ambizione che ci ha portato a ridefinire i confini del progresso scientifico. Occorre ora avere la stessa ambizione per preservare il fragile equilibrio che permette la vita nell’unica casa a nostra disposizione: il nostro pianeta. L’umanità è arrivata a un punto in cui lottare per la sopravvivenza equivale a lottare per un mondo migliore. È la sfida del nostro tempo, così che le generazioni del domani, guardando indietro possano dire che, in questo momento cruciale, l’umanità si è dimostrata all’altezza.”).

Nadia Paleari

FONTI

https://unfccc.int/news/un-climate-change-statement-on-cop25 https://ilmanifesto.it/cop-25-il-sud-del-mondo-chiede-ascolto-siamo-i-piu-colpiti/

https://thesubmarine.it/2019/12/02/cop25-punto-di-non-ritorno/

https://www.apiceuropa.com/cop-25-a-madrid-un-richiamo-dellonu-a-deporre-le-armi-contro-la-ter ra/

https://www.carbonsink.it/en/news/towards-a-european-green-new-deal-the-climate-action-priorit y-of-the-european-commission

https://www.downtoearth.org.in/news/climate-change/climate-emergency-cop-25-what-leaders-wil l-discuss-at-the-meet-68255

https://www.climatechangenews.com/2019/12/02/article-6-issue-climate-negotiators-cannot-agree /

https://www.repubblica.it/ambiente/2019/12/10/news/cop25_a_madrid_la_confernza_sul_clima_e ntra_nel_vivo_ecco_i_nodi_ancora_da_sciogliere-243064863​/

https://it.euronews.com/2019/12/10/secondo-gli-ambientalisti-la-cop25-di-madrid-si-puo-gia-defini re-un-fallimento

https://unclimatesummit.org/?gclid=Cj0KCQiA_rfvBRCPARIsANlV66M0yjIgwaMRdXA3QoUZJngVETo H-AXQu7yqRfAagsfwIneuYDJFv10aAvqjEALw_wcB

Risoluzione Parlamento Europeo​: 2019 UN Climate Change Conference (COP25): European Parliament resolution of 28 November 2019 on the 2019 UN Climate Change Conference in Madrid, Spain (COP 25) (2019/2712(RSP))

TIMELINE 25 ANNI DI COP

https://www.corriere.it/cronache/19_dicembre_03/cop-25-anni-conferenze-clima-tante-discussioni- pochi-successi-anno-anno-incontri-risultati-leader-a591d3aa-15ee-11ea-9514-9386fa8d8bdc.shtml

SPEECHES

https://unfccc.int/process-and-meetings/conferences/un-climate-change-conference-december-201 9/speeches-and-statements-at-cop-25

Dal 2017 è attivo sul sito del Guardian un conto alla rovescia che indica quanta anidride carbonica possiamo emettere ancora in atmosfera prima che la temperatura terrestre si alzi di 2 °C. Non ce ne rimane molta: \ https://www.theguardian.com/environment/datablog/2017/jan/19/carbon-countdown-clock-how- much-of-the-worlds-carbon-budget-have-we-spent

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