«Prima gli italiani!»: consigli di lettura

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L’estate è ormai giunta tra noi e ci allieta, come sempre, con innumerevoli temporali e tempeste di grandine ma sperando di poter passare finalmente del relax sotto il sole caldo di una bella spiaggia italiana ecco qualche consiglio per te! E quale miglior suggerimento potevamo darti noi di Beta se non quello di una buona lettura sotto l’ombrellone? Il libro del quale vorrei parlarti oggi s’intitola “Prima gli italiani! (Si, ma quali?)” di Francesco Filippi edito da Laterza.

La frase utilizzata come titolo del libro possiamo definirla una citazione con una potenza dirompente, uno slogan che può infonderci dubbi o consapevolezze; ma cosa significa in realtà? E chi sono gli italiani? Sono quelli con la cittadinanza italiana? Quelli che parlano italiano? Quelli che abitano in Italia? Chi ha origini italiane o ha una cultura italiana? L’autore, nella prima parte del suo saggio, ci vuole porre quindi davanti a un quesito del quale raramente ci siamo dati una risposta o ci siamo mai posti in realtà; un quesito di non facile risoluzione. Per aiutarci quindi nel dare una risposta a tale domanda iniziale ci fornisce dei parametri di studio e ci pone innanzi alla narrazione storica di chi fossero i primi italiani. Il termine deriva dal greco “italòi” e venne attribuito alla popolazione abitante dell’attuale Calabria 3000 anni dai navigatori greci che arrivarono su queste terre. Questi naviganti, arrivando sulle sponde dello stivale, notarono la popolazione locale: essa non sapeva navigare, non aveva il loro stesso pantheon di divinità e considerava come unica attività rilevante quella dell’allevamento di vitelli, simbolo della sua abbondanza. Da qui il termine quindi attribuito a questa nuova terra: “Terre dei vitelli”. Infatti, nel dialetto “osco” di quelle popolazioni che vivevano nell’allora Italia meridionale, esisteva il termine di viteliu, trasformato in italo e italico dagli ellenofoni che abitavano sulla costa.

Con gli anni, il termine “Italiani” ha continuato a variare di significato: per i Romani erano le popolazioni non romane, e quindi venivano viste in maniera dispregiativa. Arrivando invece più vicini ai nostri giorni, con il Risorgimento e quindi la nascita del Regno d’Italia nel 1861, la narrazione dell’italianità e della costruzione dell’Italia diventa quasi una missione psicologica. Il Risorgimento è un moto complesso con innumerevoli intersezioni di interessi militari, economici e politici che ha portato alla creazione dell’Italia. Con questa neonata nazione si cercò quindi, tra le varie narrazioni che potessero dare un indirizzo all’Italia, quella che potesse essere prevalente su tutte quelle proposte, dalle correnti più repubblicane, a quelle più conservatrici, fino a quella monarchica; la narrazione che prevarrà sarà quella dell’aggregazione militare portata avanti dai Savoia. E in base alla vittoria di essa, chi voleva costruire un concetto di Italia unitaria si adegua partendo dalle basi a disposizione. Vittorio Emanuele II diventa quindi padre della patria, ma credendo poco in questa piccola nuova creatura tanto da non creare per essa una dinastia nuova. Infatti il primo Re d’Italia continua a farsi chiamare Vittorio Emanuele Secondo, una cosa particolare che dà l’accento su cosa pensassero alla corte di Torino dell’agglomerato di regioni che poi costruirà l’Italia unita. Essa però diventa una comunità e quindi s’iniziarono a raccontare storie che permettessero alle persone di stare assieme e di vedersi come un’entità unica. La stessa entità unica che, alcuni decenni più tardi, avrebbe chiesto a milioni di ragazzi di immolarsi per essa in uno dei conflitti mondiali della prima metà del ventesimo secolo.

Nel secondo dopoguerra, dopo il ventennio fascista, l’Italia si ritrova senza la sua ultima “officina” d’italiani, l’ultimo momento storico in cui si era cercato di plasmare una nuova generazione. Quindi, con la fine di tale periodo, all’Italia viene quindi a mancare i collanti che l’avevano tenuta fino ad allora: quello dell’identità nazionale creata con il fascismo e della monarchia. Per gli italiani di allora cosa resta da raccontare? Come si riesce ad identificarsi ora nella propria nazione? Con la fine della guerra si ha perfino paura a tirare fuori la bandiera italiana, essa è diventata il simbolo di fasce estremiste di destra e non più simbolo d’unione. L’identità nazionale si comincia nuovamente a creare non più come l’appartenenza ad un territorio geografico ma bensì attraverso l’identificazione di un’identità extranazionale basata sull‘appartenenza politica. Nascono quindi delle differenziazioni all’interno del comune concetto d’italiano: se esso sia democristiano, socialista, comunista,…

L’identità nazionale, così come la si può intendere in un concetto che inglobi in maniera indifferente tutti, viene riscoperta solamente in anni più recenti attraverso una cosa positiva in cui tutti potessero rivedersi: il calcio. È infatti con la vittoria dei Mondiali dell’82 che gli italiani scoprono nuovamente appartenenza e il senso di unità sotteso alla bandiera. Essa rappresenta un’identità orientata al futuro, per andare oltre un passato che spesso è difficile da accettare per noi ed è difficile da presentare agli altri.

La ricerca della propria storia nazionale non è mai un processo semplice ma rappresenta molto spesso un percorso travagliato, che è proprio dell’essere umano. Tale percorso rappresenta sempre un rapporto conflittuale per l’individuo, tra quello che esso è e la sua identità nazionale. Dante, nelle sue opere parlava d’Italia, non intendendola però con i termini che intendiamo noi per “Italia”. Egli infatti non aveva l’intenzione di fare alcun manifesto politico. Se inseriamo l’autore nel suo contesto storico ci accorgiamo che lui non poteva parlare di una nazione che non esisteva ancora, e per lui sconosciuta. Riprendendo quindi i concetti principali che abbiamo ricondotto precedentemente alla definizione che possiamo dare all’identità nazionale, vediamo come essi mutino in maniera molto veloce nel tempo, mentre altre volte rimangono immutati per generazioni. Capire e soprattutto analizzare ed esplorare i termini che noi usiamo per identificare, come ad esempio in questo caso “l’italiano”, l’identità nazione di un popolo è molto importante anche se al contempo molto complicato per analizzare la storia di esso.

Sono questi alcuni spunti di riflessione che emergono dalla ricerca portata avanti da Filippi, sono queste domande ed analisi che probabilmente pochi di noi si sono mai fatti e risposti. E se almeno un poco ti ho stuzzicato nella lettura, corri in libreria e rilassati sotto l’ombrellone con questo saggio molto stimolante.

Elisa Condini

Crediti immagine: Elisa Condini

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