Lo sviluppo sostenibile come possibile rimedio alla povertà

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Con l’introduzione del concetto di “sviluppo sostenibile” e l’elaborazione di specifici piani per lo sviluppo dei paesi più poveri e la tutela dell’ambiente, alcune istituzioni, come l’ONU o l’UE, hanno negli ultimi anni contribuito a portare una particolare attenzione su questo tema.

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La definizione di sviluppo sostenibile è stata formulata per la prima volta nel 1987 dalla Commissione Indipendente sull’Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite (World Commission on Environment and Development) in seguito al Rapporto Brundtland. Questo documento, conosciuto anche con il nome di Our Common Future, individua come priorità assolute il supporto e il sostegno dei bisogni delle regioni meno sviluppate del mondo. Secondo il Rapporto vi è quindi una stretta connessione tra lo sviluppo economico, sociale e ambientale che segue la logica di processo di lungo periodo (20-25 anni). L’idea di sviluppo sostenibile è stata ripresa anche all’interno di vari trattati dell’UE; l’istituzione europea ha senza dubbio riconosciuto l’ampiezza e la complessità del tema della sostenibilità, come si vedrà di seguito.

La ”questione sostenibile” nasce, a livello europeo, il 25 marzo 1957 con il Trattato Istitutivo della CE. L’art. 2 del Trattato della CE si prefigge come obiettivo generale “un elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo” (La Camera, 2003). Ma sarà grazie al Trattato di Maastricht (1992) e ai successivi emendamenti del trattato di Amsterdam che si affronterà in maniera più approfondita la tematica della sostenibilità all’interno del panorama europeo. L’UE ha come obiettivo la promozione di un progresso economico e sociale (nel rispetto del principio di sviluppo sostenibile) e un elevato livello di occupazione che miri al rafforzamento della coesione e della protezione dell’ambiente. L’idea di sviluppo sostenibile all’interno dei vari Trattati dell’UE rileva come sia forte il nesso tra i tre pilastri dell’Unione: economico, sociale e ambientale, che sono anche le sfere dello sviluppo sostenibile (a livello globale) (La Camera, 2003).

Nel 1991 la World Conservation Union [1], insieme all’EU Environment Program [2]e al World Wide Fund for Nature, attribuiscono un’altra definizione al concetto di Sviluppo Sostenibile, inteso come “il miglioramento della qualità della vita senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di supporto dai quali dipende” (Corduas, 2013). Questa definizione enfatizza il fatto che ogni eccesso porti al deterioramento dell’ecosistema in cui viviamo, quindi verso una “incessante” povertà. Ma di quale povertà si tratta?

Il concetto di povertà abbinato al degrado ambientale rimane uno dei principali problemi dei nostri decenni. Come risposta a questa preoccupazione, l’8 settembre del 2000, 189 nazioni adottarono la Millennium Declaration, [3] documento in cui fu espressa la volontà di “garantire a tutti il diritto allo sviluppo”. Tra gli obiettivi principali, da raggiungere entro il 2015, sono stati individuati la protezione dell’ambiente naturale e la sconfitta della povertà. Non è di minor importanza il ruolo assunto dalla creazione di una rete di cooperazione globale (o più europea) per lo sviluppo.

Nel 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si riunì nuovamente per avanzare un nuovo programma, chiamato Transforming our world 2030 Agenda for Sustainable Development. [4]

L’Agenda 2030 rafforza il precedente documento proponendo 17 obiettivi, (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile - Sustainable Development Goals) tutti di uguale importanza, che vanno conseguiti con un approccio integrato nella loro attuazione. Gli OSS (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile) sono universali e indivisibili e descrivono le maggiori sfide dell’umanità in relazione allo sviluppo. Il loro scopo è di assicurare una vita pacifica, sostenibile, equa e prospera, sia per il tempo presente che per il futuro. Inoltre, essi fissano limiti ambientali, oltre i quali non si deve avanzare e prevedono un uso cosciente delle risorse naturali. Esattamente come l’Unione Europea e i governi nazionali, prevedono la fissazione di specifici obiettivi per orientare la politica dei paesi membri in materia di ambiente. Gli OSS hanno il compito di affrontare ostacoli sistemici quali la disuguaglianza, la debolezza istituzionale e la degradazione ambientale (UNESCO, 2017).

Gli OSS hanno un forte nesso con le politiche e la legislazione dell’UE in materia di ambiente che mirano a consentire ai cittadini europei una vita soddisffacente nei limiti ecoologici del pianeta (ec.europa.eu).

L’ambiente è uno degli strumenti attraverso il quale l’uomo può far diminuire o aumentare il proprio livello di benessere e quello degli altri. Le società umane, nel corso degli anni, sono state costruite tenendo conto delle disponibilità di risorse naturali, che dal punto di vista conservazionista di lungo periodo si basano sul rispetto della biodiversità. Ma la crescita della popolazione richiede un aumento della domanda di risorse naturali e questo produce a sua volta una maggiore pressione sugli ecosistemi. Questa tensione porterà a esacerbare problemi di grande rilievo come l’inquinamento, il bisogno di altri beni di prima necessità, lo smaltimento di rifiuti inquinanti, la deforestazione ecc., (Tietenberg, Folmer, Eldgar, 2006), quindi è indispensabile un contenimento degli sprechi e degli eccessi. È indispensabile ragionare in termini di sostenibilità per ridurre la povertà.

L’ambiente non è qualcosa che interessa il singolo, è un tema che ha come protagonista ognuno di noi. Ognuno deve essere coinvolto e agire nel suo piccolo, sia come singolo sia come gruppo. Grazie all’aiuto di istituizioni come l’ONU o l’Unione Europea si potranno avere dei risultati.

In particolare, a livelo personale, ritengo molto prezioso il contributo che l’UE sta dando in questo senso: nell’Unione si potranno risolvere le questioni legate alla sostenibilità, e solo dopo aver risolto il livello micro si potrà parlare di macro. Sia chiaro che il resto del mondo non è affatto condannato, ma se partiamo dall’Unione, non si potrà poi più dire che i problemi siano troppo grandi per essere chiariti. Dobbiamo quindi, restare in varietate concordia [5] e l’unico modo per farlo e vivere uniti e felicemente più sostenibili.

[1] Oggi, International Union for Conservation of Nature o International Union for Conservation of Nature and Natural Resources.

[2] L’UE e i governi nazionali hanno fissato specifici obiettivi per orientare la politica europea in materia di ambiente e hanno elaborato una visione che miri a: 1) proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’UE; 2) trasformare l’Unione in un’economia a basse emissioni di CO2, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva; 3) proteggere i cittadini da pressioni e rischi legati all’ambiente (europa.eu).

[3] dalla Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite – Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale 55/2 alla cinquantacinquesima sessione, Settembre 2000 — Settembre 2001

[4] “Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”- documento che determina gli impegni sullo sviluppo sostenibile da realizzare entro il 2030

[5] „unità nella diversità”, motto europeo dal 2000.

FONTI

Bibliografia:

  • La Camera Francesco, (2003), Sviluppo sostenibile – Origini, teoria e pratica, Editori Riuniti.
  • Corduas Claudio Consalvo, (2013), “Sostenibilità ambientale e qualità dello sviluppo”, Edizioni Nuova Cultura.
  • Tietenberg T., Folmer H., Edward Eldgar, (2006), The International Year Book of Environmental and Resource Economics: A survey of current issues, Publishing Limited, Cheltenam, UK.

Sitografia:

  • europa.eu
  • UNESCO (2017), Educazione agli obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile - Obiettivi di apprendimento

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