Smart Working - Luci e ombre della flessibilità lavorativa

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Le restrizioni entrate in vigore per l’emergenza Coronavirus hanno imposto lo smart working a molti cittadini italiani ed europei. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa modalità lavorativa? Quale l’inquadramento normativo? Facciamo chiarezza.

In seguito alla diffusione del CODIV-19, l’Italia ha rivalutato il cosiddetto “smart work” o lavoro flessibile, ovvero “(…) un approccio all’organizzazione del lavoro finalizzato a guidare una migliore efficacia ed efficienza nel raggiungimento degli obiettivi attraverso la combinazione di flessibilità, autonomia e collaborazione, puntando sull’ottimizzazione degli strumenti e delle tecnologie e garantendo ambienti di lavoro funzionali ai lavoratori”[1]

Lo smart working è stato legiferato sia in Europa, con la risoluzione 13/09/2016 del Parlamento europeo che in Italia, attraverso la legge 81/2017. Anche se questa modalità di lavoro conta molti vantaggi sia dal lato delle aziende che da quello dei lavoratori, presenta però anche qualche svantaggio. Infatti, bisogna tenere conto anche dell’importanza della tecnologia, dell’ambiente e il ruolo giocato dalla fiducia, ma anche dall’effetto che provoca a livello culturale.

Smart working: di che cosa si tratta?

Lo smart working, detto anche “lavoro agile” pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, sulla volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo individuale e sull’utilizzo di strumentazioni che consentano di lavorare da remoto. Per cui non si tratta che di una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali che viene stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro. Questa modalità, dunque, consente al lavoratore di conciliare lavoro e vita privata e al contempo di favorire la crescita della sua produttività.

Ai lavoratori agili viene garantita, quindi, una parità di trattamento rispetto ai colleghi che operano in modalità tradizionale, per la quale è prevista la tutela in caso di infortuni e malattie professionali, secondo le modalità illustrate nella circolare INAIL 48/2017 [2]

Unione europea e Italia: come è stato codificato lo smart working?

Questo metodo di lavoro è un fenomeno di interesse anche a livello europeo, come dimostra la risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016 (principio generale n. 48)[3] sulla creazione di condizioni del mercato del lavoro favorevoli all’equilibrio tra vita privata e vita professionale. Nel documento si evidenzia che il Parlamento europeo «sostiene il Lavoro Agile».

Uscendo dai confini nazionali emerge, infatti, che il fenomeno che in Italia definiamo Smart Working è un concetto presente, seppur con nomi, caratteristiche e livelli di maturità diversi, in numerosi Paesi europei.

Tra i Paesi pionieri dello Smart Working ritroviamo sicuramente l’Inghilterra: nel 2014 il governo britannico ha approvato la legge Flexible Working Regulation [4], che dà alle persone il diritto di richiedere forme di lavoro flessibile (non solo Smart Working, ma anche forme di flessibilità più tradizionali come part-time o telelavoro) e l’azienda può accogliere la richiesta o rifiutarla, ma solo adducendo motivazioni. Alla base della diffusione del Flexible Working in Inghilterra troviamo motivazioni legate al welfare e al benessere delle persone e la necessità di ridurre i costi degli spazi fisici, problema molto sentito in Gran Bretagna. Non è da meno l’Olanda che nel 2016 ha approvato il Flexible Working Act, legge con caratteristiche affini a quella inglese. In Belgio non si sente ancora la necessità di una vera e propria legge in merito, ciononostante alcune iniziative di Smart Working sono presenti nel Paese già dal 2005, con esempi virtuosi non solo nel settore privato, ma anche in quello pubblico. Anche in Svizzera negli ultimi anni si è riscontrato un aumento delle iniziative, principalmente mirate ad affrontare il problema del congestionamento dell’infrastruttura dei trasporti nelle ore di punta e ad oggi gli Smart Worker svizzeri sono pari al 25% dei lavoratori complessivi. In Francia, sebbene non esista lo Smart Working così come è strutturato in Italia né una legge di riferimento, il 31 agosto 2017 sono stati approvati dei decreti della riforma del lavoro che alleggeriscono i vincoli del telelavoro, andando verso una maggiore flessibilità.

Riguardo all’Italia, infine,il percorso che ha portato all’approvazione della normativa in vigore è stato avviato nel 2014 con la proposta di legge finalizzata a dare maggiore flessibilità al mercato del lavoro. In questa sede venne introdotto il termine lavoro agile (accanto a quello di smart working) per identificare la tipologia di lavoro nota nel mondo anglosassone come telecommuting (telelavoro). La proposta è stata poi rilanciata in un disegno di legge collegato al Patto di stabilità 2016 a completamento delle iniziative di riforma del mercato del lavoro nota come Jobs Act. Con la Legge Madia [5] si è poi introdotto il tema del Lavoro Agile anche nella Pubblica Amministrazione. La Direttiva n. 3/2017 prevedeva infatti che le pubbliche amministrazioni, seppur nel rispetto di certi limiti, avessero adottato misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e sperimentare forme di Lavoro Agile.

L’INAIL (Circolare n.48), sebbene con qualche mese di ritardo rispetto all’entrata in vigore della Legge sul Lavoro Agile, si è pronunciata relativamente ad alcune questioni come tutela assicurativa, classificazione tariffaria, retribuzione imponibile dichiarando che nessuna subirà variazioni con l’adozione di lavoro in modalità agile.

La Legge di Bilancio del 2019 [6] ha definito alcuni criteri di priorità di accesso alle iniziative di Smart Working. Ad esempio si indica di dare priorità alle lavoratrici nei 3 anni successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio di maternità e ai lavoratori con figli disabili. O ancora, è stata fatta la proposta di alzare il limite minimo di addetti a cui dare la possibilità di adottare forme di lavoro flessibile.

Infine l’emergenza CODIV-19 oltre che a porre nuovamente la questione sotto i riflettori mediatici, ha permesso che lo smart working fosse nuovamente legiferato attraverso il decreto attuativo del 23 febbraio 2020 n.6 [7], recante le misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica, in questo modo è stata favorita l’adozione dello Smart Working, attuabile sin da subito senza accordo preventivo col dipendente.

Smart working: svantaggi e vantaggi

Il primo e più evidente dei benefici del lavoro agile è legato alla logistica. Evitando di doversi recare presso la sede aziendale il lavoratore può abbattere lo stress del viaggio. Lo smart working permette, inoltre, di evitare sprechi di tempo per raggiungere il luogo imposto. Il secondo vantaggio è legato ad un miglior equilibrio tra vita privata e professionale del lavoratore. Oggi i giovani in cerca di lavoro considerano come un elemento di grande rilevanza la possibilità di poter conciliare al meglio i due aspetti e tendono, pertanto, a preferire le aziende che prevedono modalità di smart working. Allo stesso modo, anche i lavoratori con famiglia cercano sempre più sovente soluzioni che prevedano maggior flessibilità, così da poter conciliare impegni lavorativi e familiari. Il terzo ed ultimo beneficio, per cui le persone apprezzano la possibilità di poter operare da remoto,è l’aumento della propria produttività. I lavoratori si sentono più responsabilizzati. Questo comporta un miglioramento delle performance e dei risultati raggiunti. A cascata, questo aspetto si ripercuote in un aumento della motivazione e della soddisfazione dei dipendenti nei confronti del proprio lavoro.

Riguardo alle sue criticità invece, si può dire che lo smart working porta all’isolamento, infatti crea una distanza tra le dinamiche di ufficio ed il lavoratore agile. Questo, talvolta, viene percepito come un aspetto negativo dato che non favorisce lo scambio di idee con i colleghi oppure l’efficacia telematica della loro presenza. Un secondo aspetto che porta a delle criticità allo smart working è sicuramente la difficoltà nella pianificazione delle attività. Questo aspetto, infatti, è uno dei punti di maggiore criticità del lavoro agile poiché manca proprio quel contatto che umanamente è necessario per pianificare l’aspetto produttivo del lavoro. Infine, se da un lato lo smart working consente di non essere disturbati dalla presenza fisica dei colleghi, dall’altro lato può portare ad un aumento delle distrazioni derivate da fonti esterne (TV, cellulare, radio ecc…)

Smart working: un modello culturale?

Non si può certo contestare, dunque, che lo smart working non sia una soluzione ancora più utile in momenti di crisi come quella che stiamo vivendo. Ma come possiamo beneficiarne anche dopo la crisi?

Nel 2019 il progetto europeo Elena (Experimenting flexible Labour tools for Enterprises by engaging men and women)[8] del dipartimento Pari opportunità, presidenza del Consiglio dei ministri, in partnership con il Centro Dondena per le dinamiche sociali e politiche pubbliche dell’Università Bocconi, ha provato per la prima volta a dare una risposta rigorosa. Marta Angelici e Paola Profeta hanno analizzato le conseguenze dello smart working per uomini e donne attraverso un esperimento su un campione significativo di 300 dipendenti di una grande società italiana che non aveva mai utilizzato prima questa forma di flessibilità. Il campione è stato diviso in modo casuale tra soggetti “trattati” che hanno sperimentato per un periodo di 9 mesi il lavoro flessibile e soggetti “di controllo”, con caratteristiche osservabili simili, che non sono stati sottoposti alla politica del lavoro flessibile.

Tra i risultati positivi che si sono susseguiti a fronte di questo studio (bilanciamento vita-lavoro, produttività e benessere), uno di questi è degno di attenzione: lo smart working riduce le differenze di genere sul mercato del lavoro.

Questa problematica, presente da sempre nella nostra società e che colpisce una buona fetta del mercato del lavoro, grazie allo smart working può essere risolta grazie anche a coraggiose e intelligenti politiche economiche e sociali di governo.

Una sfida che da oggi deve essere colta in questa direzione per migliorare il nostro futuro rendendolo possibilmente ancora più smart.

Valeria Peruzzi

FONTI:

[1]ttps://it.wikipedia.org/wiki/Lavoro_agile

[2]https://www.inail.it/cs/internet/atti-e-documenti/note-e-provvedimenti/circolari/circolare-n-48-del-2-novembre-2017.html

[3]https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2016-0338_IT.html

[4]https://www.gov.uk/flexible-working

[5]Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana,LEGGE 7 agosto 2015, n. 124 Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche., su gazzettaufficiale.it, 13 agosto 2015.

[6]https://www.finanze.gov.it/opencms/it/fiscalita-nazionale/Manovra-di-Bilancio/Manovra-di-Bilancio-2019/Legge-di-Bilancio-2019/

[7]https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/23/20A01228/sg

[8]ttp://www.dondena.unibocconi.it/wps/wcm/connect/Cdr/Centro_Dondena/Home/Research/ELENA

IMMAGINI:

Copertina by Parker Byrd, Unsplash

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