Il decollo di una nuova era di viaggi spaziali
“Ground Control to Major Tom, commencing countdown, engines on, check ignition and may God’s love be with you”: così David Bowie immaginava un dialogo nello spazio tra la torre di controllo a terra e il Maggiore Tom fluttuante attorno alla superficie terrestre. Lo spazio ha da sempre rappresentato per il genere umano l’orizzonte da scoprire e da conquistare. Con i primi voli attorno alla Terra di Jurij Gagarin, l’allunaggio nel 1969 e infine con la costruzione della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in pochi anni il progresso scientifico è riuscito in un’impresa che fino a un secolo fa sembrava quasi impensabile. Nell’ultimo mese, coronato dalle preoccupazioni mondiali sull’avanzare della pandemia di Covid-19, abbiamo assistito ad un tassello fondamentale dell’esplorazione spaziale che ci avvicina sempre di più al percepire lo spazio come un luogo di turismo per il genere umano.
Lanciare una navicella spaziale è diventata ormai, per noi generazione del ventunesimo secolo, quasi una routine. Rimaniamo sempre incantati dalle foto che gli astronauti ci mandano della Terra, di queste piccole luci che riconosciamo come casa, ma ci interroghiamo poco sul come questi astronauti siano arrivati fino alla Stazione Spaziale Internazionale. Dal 1961, con il primo volo attorno all’atmosfera terreste, il progresso tecnologico ha affrontato un enorme balzo in avanti, i computer hanno permesso negli anni di rendere sempre più tecnologiche le navicelle e anche più sicure per l’equipaggio a bordo. Nel 2011, con la missione STS-135 dell’8 luglio 2011, è stato lanciato in orbita per l’ultima volta lo “Shuttle”, ultimo veicolo prodotto negli USA per le missioni spaziali con equipaggio; da quel momento tutte le missioni internazionali hanno fatto affidamento sulla Soyuz, navicella di produzione russa.
L’abbandono quindi di mezzi di produzione americana ha comportato ingenti costi per la NASA; basti pensare che il “biglietto” per la ISS, a singolo astronauta, costa circa 80 milioni di dollari, per un ammontare che in questi ultimi dieci anni ha rappresentato per le casse americane un esborso di circa 3,9 miliardi di dollari all’Agenzia Spaziale Russia (Ruscosmos) per permettere agli astronauti statunitensi di compiere gli esperimenti previsti dalla NASA a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.
La scelta dell’agenzia americana di abbandonare la produzione interna di mezzi spaziali non è stata ovviamente casuale: si voleva incentivare le aziende private a sviluppare tecnologie più economiche rispetto a quelle precedentemente utilizzate per le missioni americane, dando quindi la possibilità alla NASA di concentrarsi nel frattempo su altri aspetti dell’esplorazione spaziale oltre che alla costruzione di singoli componenti per la ISS. Contestualmente, quindi nel 2011, è stato lanciato il progetto “Commercial Crew Development”, programma finanziato dal governo americano e gestito dalla NASA che consiste nell’incentivare le aziende private, americane, nella produzione di veicoli spaziali. Dopo diversi test d’affidabilità tra le aziende partecipanti le vincitrici nella fase finale, nel 2014, furono SpaceX di Elon Musk e Boeing.
Il 30 maggio 2020, per la prima volta in quasi dieci anni, una missione con a bordo astronauti americani diretta verso la Stazione Spaziale Internazionale è partita dal John F. Kennedy Space Centre a Houston in Florida, a bordo del razzo spaziale Falcon 9, prodotto dalla SpaceX. Il luogo, famigliare ai più, è quello che rappresenta per l’intera umanità il simbolo della grandezza e del prodigio umano, il luogo da cui partirono i primi astronauti che approdarono sulla Luna, un luogo simbolo della grandezza scientifica americana e il luogo che ha portato da sempre, grandi e piccini, a scrutare il cielo ed immaginarsi come sia trovarsi un giorno a fluttuare oltre l’atmosfera terrestre.
L’evento di questo giorno è stato, in primo luogo, l’eccezionalità di tornare nuovamente in Florida per le missioni spaziali, anche se la vera novità di questa missione è stata invece l’azienda produttrice della tecnologia usata. Si tratta infatti di una società privata che fa capo al visionario Elon Musk. La SpaceX nasce nel 2002 con l’obiettivo di costruire tecnologie sempre meno costose che permettano l’esplorazione spaziale e una futura conquista di Marte da parte del genere umano. Tassello fondamentale per la riduzione dei costi è stata la creazione di un razzo utilizzabile per diversi lanci che, una volta sganciata la capsula con gli astronauti, potesse tornare sulla terra in un luogo prestabilito e potesse quindi essere usato per altre missioni. Dopo la vincita dei fondi del programma “Commercial Crew Development” la SpaceX si è subito messa all’opera per la creazione di questo modello preceduto da diverse prove, tra fallimenti e successi. La missione del 30 maggio è stata la vittoria finale, sono infatti già state programmate diverse missioni per i prossimi mesi che vedranno la SpaceX, e i suoi razzi, protagonisti fondamentali per il trasporto delle persone nello spazio.
L’azienda di Musk ha investito molto nella ricerca scientifica e soprattutto nella creazione del razzo Falcon 9, rendendolo riutilizzabile con costi di servizio e manutenzione relativamente bassi e riducendo così i costi delle missioni verso la ISS. A differenza della Soyuz, l’utilizzo di questo razzo permette di avere una tariffa a “biglietto” per astronauta di circa 65 milioni di dollari, cifra pur sempre importante, ma che rappresenta un risparmio ingente per la NASA.
Chi sono quindi i primi due passeggeri di questo taxi spaziale? I fortunati astronauti sono gli americani Robert “Bob” Behnken e Doug Hurley, i quali certamente entreranno nella storia sia per la missione in sé e per sé, che per la loro scenografica tuta, minimale e avveniristica, come fosse quasi uscita dal set di un film di fantascienza. Va infatti detto che questo nuovo modello di tuta, molto diverso dal quello arancione col quale eravamo abituati a vedere gli astronauti americani, è stata progettata direttamente dallo stesso Musk in collaborazione con Jose Fernandez, costumista di Hollywood che ha lavorato per diversi film di supereroi Marvel, Anche l’interno della capsula risulta essere molto avveniristico, con diversi programmi automatici e schermi touch che permetteranno ai due occupanti di godersi il viaggio ed intervenire solo nel caso in cui la rotta debba essere corretta. Questa missione ha rappresentato anche un’importante vetrina per l’intero colosso tecnologico di Musk, infatti i due astronauti sono arrivati alla base spaziale di Houston a bordo di una nuova Tesla, imprese automobilistica sempre di sua proprietà, brandizzata Nasa per l’occasione.
Una nuova era delle esplorazioni spaziali è iniziata, quali altri progressi dovremmo aspettarci prossimamente? Difficile a dirsi, sicuramente l’obiettivo a lungo raggio di tutte le agenzie spaziali internazionali è la conquista umana del Pianeta Rosso. Chissà quando raggiungeremo Marte, per ora possiamo solo immaginare, guardando le stelle, di essere lassù. Immaginare di fluttuare a bordo della Stazione Spaziale Internazionale e ammirare la Terra con le sue distese di acqua e terra, che la rendono così magica e unica. E se questo sforzo immaginativo risulta un po’ complicato, vi suggerisco di guardare questo video e di farvi guidare dal Comandante Chris Hadfield attraverso i moduli della ISS sulle note della sua versione del celebre brano “Space Oddity” .
Elisa Condini
Fonti:
https://www.focus.it/scienza/spazio/nuovo-lancio-razzo-space-x-dragon-2
https://www.media.inaf.it/2020/05/25/demo-2-crew-dragon/
https://it.insideover.com/politica/perche-il-lancio-di-crew-dragon-e-un-momento-storico.html
Crediti immagini
SpaceX Crew Dragon spacecraft approaches the International Space Station by NASA Kennedy (CC BY-SA 2.0)