Quanto incide l’inquinamento sul nostro benessere?
Esistono dei rapporti economici, ormai verificati e comprovati, che mettono in relazione l’inquinamento di un paese con il suo sviluppo economico e, dunque, con il benessere dei suoi abitanti. L’articolo affronta le problematiche e i dibattiti legati a questo tema estremamente attuale e interessante.
L’ambiente apporta grandi contributi al benessere degli individui e, se trattato in modo opportuno, può portare a livelli di soddisfazione presenti e futuri maggiori. Il seguente articolo misura in modo empirico quanto appena affermato grazie all’analisi della curva di Kuznets ambientale.
Questa curva rappresenta la relazione che intercorre tra sviluppo economico (reddito pro-capite) e livello di inquinamento, che può essere rappresentata graficamente tramite una “U rovesciata”.
In realtà, la prima curva di Kuznets è stata costituita su un modello economico, e solo in seguito è stata rapportata all’ambiente. L’originaria curva di Kuznets (economica) mette in rapporto lo sviluppo economico e la disuguaglianza e prevede che un sacrificio economico iniziale riesca a portare, nel lungo periodo, ad una migliore distribuzione del reddito fra la popolazione, nonostante una situazione di partenza ad alto grado di disuguaglianza economica. Si ha sviluppo solo con un intervento efficiente e mirato da parte dello Stato, che attua politiche redistributive e d’investimento nelle sfere sociali.
Grossman [1] e Krueger [2] (1995) prendendo di riferimento la curva economica di Kuznets appena descritta, analizzano e verificano la relazione sorta dall’interazione tra reddito pro-capite e sviluppo ambientale. Questi economisti studiarono il costrutto considerando l’impatto che avrebbe avuto il NAFTA (North American Free Trade Agreement) sull’ambiente (Grossman, Krueger, 1995).
Anche se è grazie al contributo di Shafik, Bandyopadhyay (1992), Panayotou (1993) [3] e altri, che si è riusciti a realizzare per la prima volta la curva ambientale di Kuznets che relaziona il reddito alla variabile “inquinamento”. La curva, nell’analizzare la relazione fra crescita e ambiente, tiene conto dei cambiamenti delle preferenze dei consumatori, delle variazioni nelle dotazioni tecnologiche, dei mutamenti interni alle istituzioni. Nel primo tratto (crescente) come conseguenza di un aumento dell’attività industriale si ha sempre maggiore impatto sull’ambiente (inquinamento e degrado). Questo degrado sarà rallentato durante la fase di “mutamento”, che si riscontra appena dopo il picco. Al crescere del reddito pro-capite, l’andamento della curva raggiungerà un “punto di svolta”, dopo il quale le emissioni diminuiranno, soprattutto se la società adotterà mirate politiche ambientali di riduzione dell’inquinamento.
Si ha decrescita quando entrano in gioco tre fattori:
1- l’aumento del reddito pro-capite, quindi un’elasticità della quantità domandata di beni ambientali rispetto al reddito,
2- l’aumento della capacità statale di recepire la pressione dell’opinione pubblica,
3- gli incentivi dell’innovazione tecnologica e i cambiamenti strutturali.
Si deduce che, per ottenere crescita in un paese, ci sia bisogno del consumo delle risorse ambientali; ciò provoca un aumento dell’intensità dell’inquinamento. Dato che si verificano sempre maggiori cambiamenti nelle preferenze dei consumatori, ci sarà un’ampia richiesta di qualità ambientale (intesa come bene sostituto di lusso).
Per livelli crescenti di reddito, i nostri beni saranno scambiati con qualità ambientale. I cambiamenti nella tecnologia caratterizzati dal progresso tecnico e dall’aumento di beni immateriali sono anch’essi importanti, perché permettono di “risparmiare” risorse naturali. Nondimeno, il mutamento nelle istituzioni porta all’aumento della crescita economica, che ha come fine ultimo quello di permettere un uso razionale delle risorse ambientali.
Oggi, la conferma empirica della relazione fra crescita e inquinamento individuata da Kuznets è controversa. Da un lato si sostiene che, nel caso di economie sviluppate gli indicatori dell’inquinamento atmosferico siano diminuiti a partire da determinati livelli disviluppo; tuttavia, questa affermazione non è valida per tutti i tipi di inquinanti. Come già menzionato, l’evidenza teorica di questa dimostrazione è debole, quindi un’ipotetica rappresentazione di questa affermazione su un grafico non avrebbe modo di essere compensata dall’evidenza empirica, soprattutto perché gli elementi di incertezza del modello sono numerosi (un esempio è il fatto che molte dinamiche del degrado ambientale siano irreversibili).
Dunque, oggi, la società può ritrovarsi in una sorta di “trappola della povertà (ambientale)” [5], tipica dei paesi meno sviluppati (PMS), che si confrontano con la “povertà” dovuta all’inquinamento, ma che invece di fattori economici usa variabili ambientali. Una delle cause del degrado ambientale dei PVS o dei PMS è la povertà causata dai fattori produttivi, da quelli geografici, storici e dalle esigenze idriche e di tipo sanitario. Le dimensioni della povertà sono inoltre strettamente collegate alla posizione geografica dei paesi: troviamo percentuali massime di scarsità in Africa subsahariana e nell’Asia meridionale. La posizione geografica incide sia sul sistema economico del paese che sul suo accesso alle risorse energetiche (Sachs, 2015).
Grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie e agli interventi delle politiche ambientali di sostegno e di conservazione, è possibile trovare delle soluzioni adeguate che portino benefici verso tutti. I PMS dovrebbero essere aiutati dai paesi più avanzati a sfuggire alla trappola povertà che non si neutralizza da sola, ma al contrario si autoalimenta (Sachs, 2010). Per questo motivo, servirebbe avere delle politiche mirate e concentrare in questa direzione sforzi a livello globale (Sachs, 2010). Con l’impegno di politiche adeguate si può prevedere in modo realistico ogni carenza o eccesso estremo del nostro pianeta. Anche se l’idea sembra alquanto utopistica, attraverso l’ausilio di politiche mirate si potrebbe uscire da ogni trappola. L’unica soluzione per farlo è porre dei freni all’inquinamento tramite precisi investimenti economici e ambientali a favore del Pianeta.
Teodora Nacu
[1] M. Grossman è professore di economia internazionale all’Università di Princeton.
[2] Alan Krueger è un economista americano e professore di scienza politica all’Università di Princeton.
[3] É un trattato di libero scambio commerciale stipulato tra Stati Uniti, Canada e Messico, ispirato al modello dell’Unione Europea, in vigore dal 1994.
[4] Studiosi della curva ambientale di Kuznets.
[5] La trappola della povertà riprende il modello macroeconomico semplificato e riguarda il mantenimento delle persone in stato di povertà anche quando queste cercano di uscire dalla loro condizione. Solitamente si fa riferimento al modello ideato da Solow, nel contesto ambientale sarà Sachs che ci permetterà di definire l’idea di “trappola della povertà ambientale.
Bibliografia
• Tietenberg T., Folmer H., Edward Eldgar, (2006), The International Year Book of Environmental and Resource Economics: A survey of current issues, Publishing Limited, Cheltenam, UK.
• Grossman G, Krueger A. (1995), Economic growth and the environment. Quarterly Journal of Economics.
• Sachs Jeffrey D., (2015), “L’era dello sviluppo sostenibile”, Università Bocconi Editore.
• Sachs Jeffrey D., (2010), “Il bene comune – Economia per un pianeta affollato”, Edizioni Mondadori.
CREDITS:
- Copertina: pixabay
- Grafico: a cura dell’autrice dell’articolo